Evangelisti sottolinea un aspetto spesso trascurato, cioè che le imprese piratesche sono legate in maniera molto stretta alle vicende politiche e militari europee. Inoltre gran parte dei pirati sono stati costretti a fuggire dall’Europa, dopo avere servito e guerreggiato negli eserciti e nelle flotte militari dei propri paesi d’origine. Levert, personaggio che compare nei primi due romanzi della trilogia, all’inizio del capitolo 27 di Tortuga racconta che - prima di diventare sicario a pagamento e poi pirata - è stato rematore su una galera francese, teoricamente “volontario” ma in realtà costretto con l’imbroglio a firmare un contratto d’ingaggio. Incatenato ai banchi dei rematori, insieme a delinquenti comuni, è destinato a morire in combattimento senza potersi difendere. Solo per caso e per abilità Levert riesce a evadere da quella prigionia. Nel combattimento finale di Tortuga, quando la nave di De Grammont si trova circondata dalla flotta francese, la prima nave contro cui il capitano decide di lanciarsi è proprio una galera, perchè tutti sanno che è «mossa da schiavi, pronti a lasciare i remi e spaventati a morte» (cap. 47).
Nell’immagine si vede un conflitto fra navi cristiane e turche, tutte azionate da remi. Un interessante racconto delle modalità con cui le flotte venivano allestite e gli equipaggi reclutati viene fatto dallo storico Alessandro Barbero in un intervento tenuto al Festival della mente di Sarzana del 2009. Barbero si riferisce in particolare alle flotte impegnate nella battaglia di Lepanto del 1571, ma un secolo dopo molte cose rimanevano uguali.
Fulvio Fontana, I pregi della Toscana nell’imprese più segnalate de’ Cavalieri di Santo Stefano, Firenze, Pier Mattia Miccioni e Michele Nestenus, 1701.
Collocazione: 10. r. II. 18