de 21 janv. à 26 mai 2024

La famiglia Rimini

couverture de La famiglia Rimini

Storie di emigrazione, deportazioni, fughe e solidarietà

Al Museo Museo Ebraico di Bologna inaugura il 21 gennaio, fino al 26 maggio 2024, la mostra La famiglia Rimini. Storie di emigrazione, deportazioni, fughe e solidarietà, a cura di Francesca Panozzo e Caterina Quareni.
La mostra documentale si basa su una ricerca condotta dal Museo Ebraico di Bologna su una famiglia divisa in quattro rami e sui diversi destini che questi quattro rami famigliari conobbero soprattutto di fronte alla cosiddetta “persecuzione delle vite”, dopo l’8 settembre 1943. Alcuni emigrarono in Brasile, altri furono deportati dietro delazione, altri ancora furono aiutati a nascondersi e si salvarono ad opera di persone poi riconosciute tra i Giusti tra le Nazioni dallo Yad Vashem di Gerusalemme: i coniugi Morganti e Muratori. 
Guardando dunque alle vite di queste individualità, che in parte si snodano in Emilia-Romagna, emerge in modo concreto, non astratto, il quadro storico di un’Italia dominata dalla dittatura fascista, che nel 1938 aveva conosciuto le leggi razziali e, dopo l’armistizio firmato dal maresciallo Badoglio, si trova occupata dall’ex alleato tedesco divenuto improvvisamente nemico. Dedicata al pubblico generico, ma soprattutto alle scuole e ai più giovani, una mostra così concepita si pone l’obiettivo di coinvolgere il visitatore riportandolo alla realtà di persone ben definite e vissute in un territorio a lui vicino e rammenta che l’antisemitismo è un sentimento e una linea di pensiero al cui fascino anche gli italiani hanno ceduto e possono, di conseguenza, tornare a cedere. 

I testi dei pannelli di mostra sono il frutto di una ricerca condotta da Francesca Panozzo, referente per i servizi educativi del MEB, su documenti e immagini contenuti e messi a disposizione dall’Archivio Centrale dello Stato, dall’Archivio di Stato di Bolzano, dall’Archivio Storico del Comune di Mantova, dalla Camera di Commercio di Bolzano, dalla Camera di Commercio di Mantova, dal Civico Museo della Guerra per la Pace “Diego de Henriquez” Enriques di Trieste e dal Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea CDEC di Milano e utilizzano la font Biancoenero ad alta leggibilità.
Ampio il corredo fotografico proveniente dagli archivi privati dei discendenti della famiglia Rimini. Completa la mostra l’intervista filmata di Valentina Arena, regista e ricercatrice, a Cesare Finzi, bambino all’epoca dei fatti e scampato alla Shoah grazie, appunto, alla solidarietà altrui. Cesare Finzi, mancato recentemente come il cugino Cesare Rimini, è stato figura chiave con la sua testimonianza nel mantenimento della memoria dei fatti legati alla persecuzione antiebraica. L’intervista, già contenuta nel database del MEB www.giustiemiliaromagna.it, è solo uno dei suoi contributi: riproporla al pubblico, insieme alla storia della sua famiglia allargata rappresenta anche la gratitudine del Museo nei suoi riguardi. 

Contenuti della mostra
Mantova, 11 luglio 1897. Nella sinagoga della città, Cesare Prospero Moisè Rimini, trentaduenne commerciante di tessuti e filati, sposa Olimpia, una delle figlie del “dottore in legge” Giuseppe Cantoni. Da quell'unione nascono quattro figli: Enrico, Lucia, Nella e Giuseppe. Una famiglia israelita come tante nell'Italia di quegli anni: urbanizzata, un livello culturale medio-alto, ben inserita nel tessuto sociale della città, con un'attività commerciale avviata. Una vita tutto sommato agiata e, potremmo dire, normale, attraverso la quale è possibile raccontare la parabola degli ebrei in Italia nei primi decenni del Novecento. Mai, infatti, nei loro discorsi di giovani sposi, Cesare e Olimpia avrebbero potuto immaginare cosa la Storia avrebbe riservato ai loro figli: il tradimento dell'Italia, la guerra, la fatica di ricominciare altrove, la disperazione della deportazione, il rischio della fuga e della vita da braccati, ma anche la solidarietà, la riconoscenza, la possibilità di un nuovo inizio. 
La normalità finisce infatti nel 1938, quando anche l’Italia emana una serie di leggi contro la minoranza ebraica dei suoi sudditi. Fino a quel momento Enrico, Lucia, Nella e Giuseppe avevano vissuto le loro vite in modo pieno, divisi tra lavoro e famiglia. Nell’autunno 1939, dopo aver visto il suo lavoro farsi ogni giorno più precario e i suoi figli cacciati dalle scuole, Enrico, brillante avvocato per il foro di Milano, decide di emigrare con sua moglie Diana Costantini e i figli Olimpia e Guido in Brasile. A condividere le incertezze e le difficoltà di una vita da reinventare completamente da capo in Sud America ci sono Elda, sorella di Diana, con il marito Renzo Massarani, compositore e musicista molto noto, e i figli Laura, Andrea e Giulio. Dopo la guerra, Enrico e Diana decideranno di non rientrare in Italia.
Lucia, che con il marito Renzo Carpi e i figli Alberto e Germana abita a Innsbruck, pochi mesi dopo la salita al potere di Adolf Hitler in Germania decide di lasciare l’Austria, l’attività di ingrosso di prodotti alimentari e spostare la residenza in Italia, a Bolzano. Qui, nel 1940, nasce la loro ultima figlia, Olimpia. Tutti e cinque verranno arrestati e deportati ad Auschwitz-Birkenau subito dopo l’8 settembre 1943. Alla fine della guerra nessun componente della famiglia riuscirà a tornare a casa.
Diverso è invece il destino di Nella e Giuseppe e delle loro famiglie. Nel momento in cui, dopo l’arresto dei Carpi, da Bolzano non arrivano più notizie, la famiglia di Giuseppe lascia Mantova e raggiunge quella di Nella a Ferrara. In tutto si tratta di quattro adulti e sei bambini, ai quali si aggiungono Guido Vivanti, direttore del magazzino all’ingrosso di Giuseppe, e due anziane parenti Maria Cantoni, sorella della nonna Olimpia e Ada Rocca, suocera di Nella; insieme si dirigono verso Sud con l'obiettivo di attraversare la linea mobile del fronte per andare incontro agli alleati. Ma muoversi in gruppo durante una guerra, in mezzo a bombardamenti e coprifuoco, senza dare nell'occhio e con il rischio costante di essere arrestati perché ebrei non è cosa semplice e molto presto il piano iniziale subisce dei netti cambiamenti. I Rimini-Finzi sono allora costretti a nascondersi in attesa che l’Italia venga liberata da nazisti e fascisti. Lo faranno nell'entroterra del riminese, nella valle del fiume Conca tra Mondaino, Morciano e Montefiore con l'aiuto di due famiglie i Muratori e i Morganti, oggi riconosciute Giuste tra le Nazioni dallo Yad Vashem di Gerusalemme, e di una rete di persone che, in diversi modi, procurarono loro conforto e assistenza materiale. Quella della famiglia Rimini è una storia in gran parte fortunata, ma come disse Cesare, figlio di Nella: «Qualcuno si è salvato, ma niente è stato più come prima».


Inaugurazione domenica 21 gennaio, alle ore 10:30

Orario: domenica – lunedì – mercoledì 10.00-18.00; martedì – giovedì 10.00-19.30; venerdì 10.00-16.00 (ultimo ingresso 45 minuti prima dell'orario di chiusura)
Chiuso sabato e festività ebraiche

Biglietti ingresso a questo link

Info: tel. 051 2911280 - 051 6569003 - info@museoebraicobo.it